
PER SVESTIRE IL GRANCHIO?
Cos’è il trofoblasto e la sua relazione con il cancro!!!

Prima di cercare di affrontare il cancro, dobbiamo capire come e perché il cancro rimane “inosservato” per molto tempo e perché, una volta individuato, è “troppo tardi” e richiede una terapia aggressiva che danneggia l’organismo nel suo complesso invece di “curarlo”.
In effetti, il corpo possiede un esercito di miliardi di globuli bianchi (chiamati collettivamente leucociti) e una delle loro funzioni principali è quella di attaccare e distruggere tutto ciò che è estraneo, dannoso o pericoloso per l’organismo.
Allora sembra logico che attacchino anche le cellule cancerose, giusto? Ma sappiamo già che questo non accade. Uno dei motivi principali è che il cancro (le cellule cancerose) hanno tutte le caratteristiche di un trofoblasto e le cellule del trofoblasto sono ben note all’organismo fin dal suo inizio cellulare assoluto (verrà spiegato di seguito).
Poiché le cellule del trofoblasto in questione fanno parte del ciclo vitale (sono pre-embrionali), la natura le ha rese “invisibili” ai globuli bianchi: le cellule del trofoblasto sono avvolte da un sottile strato grasso-proteico che porta una carica elettrica negativa, che è la stessa carica che portano i globuli bianchi: una carica negativa. Come sappiamo, due polarità uguali si respingono, ed è il motivo principale per cui il trofoblasto rimane ben protetto e invisibile ai globuli bianchi.
Scopriamo cos’è un trofoblasto:
Le cellule del trofoblasto sono cellule pre-embrionali specifiche, assolutamente normali nelle prime fasi della gestazione. L’aspetto interessante è che durante la gravidanza, il trofoblasto ha il comportamento di una cellula cancerosa: si moltiplica rapidamente, “mangiando” la parete uterina, facendosi strada e preparando un posto per il futuro embrione, che si attaccherà all’utero e riceverà protezione e nutrimento da esso.
Il trofoblasto si forma come risultato di una reazione a catena con un’altra cellula chiamata cellula diploide totipotente, per i nostri scopi chiamiamola cellula della vita totale, poiché contiene al suo interno tutte le caratteristiche individuali dell’intero organismo e ha la capacità di diventare qualsiasi tipo di tessuto o organo, nonché un embrione a sé stante.
Circa l’80% di queste cellule si trova nelle ovaie o nei testicoli, dove funge da serbatoio genetico per la futura prole. Le restanti sono distribuite in tutto il corpo e sono attivamente coinvolte nella rigenerazione e nella guarigione dei tessuti danneggiati, che avviene nel seguente modo: un trauma di qualsiasi origine, sia esso un tessuto danneggiato, un trauma fisico, una reazione chimica o una malattia, porta a un aumento dei livelli di estrogeni, il cui ruolo è quello di fungere da stimolatore o catalizzatore dei processi di guarigione nel corpo.
È un fatto scientifico noto (o forse no) che una volta a contatto con gli estrogeni, questa cellula di vita totale inizia a produrre in modo intensivo il trofoblasto e, quando anche il trofoblasto entra in contatto con gli estrogeni, questo porta spesso alla formazione di cellule maligne. Vedi la relazione estrogeni – trofoblasto – cancro?
Quando inizia la formazione di cellule cancerose, il corpo reagisce cercando di isolarle dal resto incapsulandole/avvolgendole con del tessuto. Il risultato più comune è la formazione di un cosiddetto nodulo.
Osservate al microscopio, la maggior parte di queste formazioni assomigliano a un ibrido tra un trofoblasto e le cellule circostanti. L’aspetto interessante è che, con il progredire del cancro, le entità in questione iniziano sempre più ad adottare le classiche caratteristiche/comportamenti di un trofoblasto (che
significa automaticamente ben protetto dal riconoscimento da parte dei globuli bianchi). Ad esempio, le cellule del più maligno dei tumori, gli epiteliomi, sono indistinguibili dalle cellule del trofoblasto.
Possiamo “privare” le cellule del trofoblasto o del cancro del loro strato proteico protettivo e renderle vulnerabili ai globuli bianchi? Certamente!!! Parte della soluzione risiede nel pancreas, che secerne enzimi, e noi ne sottolineiamo uno specifico chiamato tripsina.
Il trattamento ideale dovrebbe combattere solo le cellule maligne senza intaccare le cellule sane o aumentare il rischio di formazione di nuovi tumori.
Per combattere efficacemente una malattia di natura oncologica, le cellule cancerose devono assolutamente essere riconosciute dai globuli bianchi. In caso contrario, la “cura” si limita alle convenzionali chemioterapie e radioterapie, che spesso distruggono sia le cellule cancerose che quelle normali e che comportano terribili effetti collaterali.
